Il caso entra nelle nostre giornate più di quanto ci piaccia ammettere. A volte decide per noi senza presentarsi, altre volte ci illude di essere sotto controllo. Eventi che non avevamo previsto spostano le nostre scelte di qualche grado, poi di qualche altro, finché l’ago della bussola sembra puntare altrove. O almeno, così pare quando il cervello cerca di dare un senso a ciò che un senso non ce l’ha. Da una vittoria inattesa alla lotteria mancata per un numero, la tensione tra il bisogno di ordine e il caos del mondo produce comportamenti curiosi e persino contraddittori.
Vedere schemi dove non ce ne sono o forse sì
Il nostro cervello è bravissimo a trovare pattern; talvolta troppo. Alcuni chiamano questo fenomeno “illusione di causalità”: ci convinciamo che due eventi si parlino quando, con buona probabilità, nemmeno si conoscono. Nel gioco d’azzardo capita, in un casino, di vedere persone che toccano la macchina prima di tirare la leva, che aspettano “il momento giusto”, che cambiano posto perché “porta meglio”. Le macchine però sono progettate per essere praticamente imprevedibili.
Alcuni studi suggeriscono che tendiamo a sovrastimare connessioni inesistenti, soprattutto quando la posta emotiva è alta. Una serie di coincidenze diventa subito “prova”. Tuttavia, se osserviamo attentamente, molte di quelle “regole” fortunate scricchiolano. Forse hanno funzionato ieri, ma oggi non è detto che accada di nuovo.
Il vizio di saltare alle conclusioni
Quando vediamo una sequenza, l’interpretazione scatta automaticamente. Questo meccanismo si chiama jumping to conclusions. Tre gol di fila indicano che un giocatore è in forma pazzesca. Magari è vero. Oppure ha tirato tanto e la moneta è uscita testa tre volte di seguito. Non molto romantico, ma statisticamente plausibile.
Questo scatto mentale non si limita allo stadio. Influenza scelte di investimento, discussioni in coppia, valutazioni sul lavoro. La difficoltà sta nel distinguere tra coincidenza e causa. Correre troppo in fretta porta spesso a prendere decisioni basate su correlazioni che, osservate da vicino, hanno poca consistenza.
Quando il caso bussa alla porta: saperlo riconoscere
La casualità non è solo inciampo. A volte apre porte che non sapevamo esistessero. Si racconta che Fleming scoprì la penicillina perché una coltura si contaminò per errore. Serendipità significa la capacità di accorgersi dell’imprevisto utile e di farci qualcosa subito o quasi.
Chi rimane elastico di fronte agli imprevisti, in genere, se la cava meglio di chi difende un piano rigido fino all’ultimo centimetro. Non sempre, certo. Tuttavia, l’innovazione abbonda di storie in cui il piccolo errore diventa una strada nuova. Può accadere che il caso accenda la luce; sta a noi decidere se entrare.
Il contesto, più capriccioso di quanto sembri, che ci modella
Genetica a parte, il mondo là fuori è capriccioso. Nascita, incontri, crisi, svolte storiche: tutto questo pesa, talvolta più del previsto, su ciò che diventiamo. Chi cresce in un periodo di incertezza economica tende, non sempre ma spesso, a diffidare del rischio; chi attraversa anni prosperi può sviluppare un rapporto più leggero col denaro.
È interessante notare come due persone simili, in ambienti diversi, prendano strade lontanissime. Qui il caso non spiega tutto; però spinge, devia, talvolta ribalta. Ed è sufficiente per generare differenze enormi.
Fare pace con l’incertezza
Accettare l’influenza del caso non significa arrendersi. Semmai il contrario: pianificare, sì, ma con margini ampi e cerniere elastiche. Chi ammette che non tutto si controlla pare gestire meglio gli scossoni, resilienza, la chiamano, parola spesso abusata ma utile.
Non si tratta di buttare via i piani, ma di saperli piegare quando serve. L’incertezza può infastidire perché graffia la nostra idea di controllo; tuttavia, una volta accettata l’idea che qualcosa sfuggirà sempre, ci si muove con più leggerezza. È possibile che porti anche un pizzico di felicità in più, oggi no, domani magari sì.






























