In questo articolo verrà presentata, una versione un po’ meno romantica dell’amore, ovvero di come Eros/Cupido risulta essere in realtà solo un insieme di processi biochimici che si scatenano in determinate aree del cervello.
Cos’è l’amore?
Eros/Cupido in realtà risulta essere un insieme di processi biochimici che si scatenano in determinate aree del cervello a prova di come l’amore è questione di biochimica.
Come fa notare la storica culturale Tiffany Watt Smith sull’amore: <<sono stati versati fiumi d’inchiostro, composte miliardi di poesie e canzoni, riempite biblioteche intere di testi filosofici, per cercare di esprimere al meglio il concetto per capirlo a fondo e dargli una definizione esatta>>.
L’amore inteso come la percezione di avere un blocco a produrre parole davanti alla persona amata è già riscontrabile nel frammento poetico attribuito a Saffo (vissuta intorno VI secolo a. C. sull’isola di Lesbo in Grecia).
I medici arabi del X e XI secolo stabilirono e chiamarono “il mal d’amore” quel malessere legato ad un amore non corrisposto o non ancora consumato e che risultava essere una manifestazione del cosiddetto disturbo della “malinconia”. In particolare, Ibn Sinā, in Occidente noto come Avicenna (980-1037), chiamava “illishi” il desiderio di ottenere un’unione perfetta con il proprio amato che fosse insieme spirituale e sessuale. Egli inoltre affermava che con il passare del tempo, però, la sua intensità poteva far salire vapori melanconici al cervello, generando una forte confusione e rendendo l’amante introverso e smemorato. Questa idea di “assenza di parole” continuò a far riflettere gli europei, soprattutto in quei luoghi in cui, nel secolo successivo ad Avicenna, nacque la tradizione dell’amor cortese, da cui forse si è originato il modo di esprimerlo in tutta la cultura occidentale e da cui deriva e ci si ispira tutt’oggi nelle poesie, nelle canzoni e così via. In questo periodo (XI-XIV secolo), questo sentimento era esplicato in maniera “struggente” in quanto era rivolto ad amanti irraggiungibili ed idealizzati ed in cui un semplice sorriso era già considerato un esaustivo modo di comunicazione.
Il neurologo Antonio Damasio sostiene in generale che il sentimento, come quello dell’amore, sia un qualche cosa di cosciente, uno stato neuronale composito, che nasce dopo l’emozione. Per lui le emozioni sono dei programmi di azione complessi innescati a seguito di uno stimolo esterno, in larga misura automatici, messi a punto durante l’evoluzione e che implicano azioni eseguite dal corpo come ad esempio le espressioni facciali. Quindi, prima s’innesca un’emozione, dopo di ché si attiva lo stato emozionale dovuto al processo il quale si estende ad altre regioni del cervello e del corpo, infine si ha il sentimento che interessa regioni cerebrali diverse da quelle coinvolte inizialmente.
Amore è questione di biochimica
Da un punto di vista scientifico, come fa notare Estanislao Bachrach, non si hanno più dubbi sul fatto che il responsabile dell’amore non sia il cuore ma il cervello. L’attrazione verso un altro individuo dipende in realtà da “un’infatuazione” nei confronti dei suoi geni. Per esempio per quanto riguarda le preferenze sulle persone oltre al senso della vista non è da sottovalutare anche l’olfatto, “l’odore” che affascina e che è legato in realtà a quello dei propri genitori, alla somiglianza genetica con i progenitori ed è attivato dai ferormoni che vengono recepiti da un organo che si trova nel naso detto “vomeronasale” o VNO. I ferormoni vengono secreti dalle ghiandole apocrine che costituiscono una parte delle ghiandole sebacee le quali scatenano un’ampia gamma di comportamenti istintuali tra cui l’aggressività e l’impulso sessuale. È opinione diffusa e non è una possibilità da escludersi che i ferormoni umani influiscano in maniera non cosciente in alcune aree del cervello. In ogni caso e per fortuna la parte cosciente dell’umanità è prevalente e l’istruzione, la cultura ed il buon senso contribuiscono alla repressione di questi impulsi, o almeno ci si augura che sia così ed è quindi più probabile che il comportamento umano sia generato da un’azione combinata di ferormoni ed intelletto.
Helen Fisher, una delle più importanti esperte su questo tema, descrive l’innamoramento in tre tappe in cui la chimica svolge un ruolo essenziale, e quindi di come l’amore è questione di biochimica.
La prima è quella del desiderio o della carnalità prodotta dagli ormoni del testosterone e dell’estrogeno, ormoni della sessualità. La seconda è quella dell’innamoramento o dell’attrazione, in cui si è ossessionati dal pensiero dell’essere amato ed è associato ad un calo dei livelli di serotonina e ad un innalzamento di quelli della dopamina e della norepinefrina. Per studiare cosa succede al cervello di una persona innamorata sono stati effettuati alcuni esperimenti svolti su soggetti innamorati utilizzando un’apparecchiatura per la risonanza magnetica molecolare. Ad esempio le reazioni associate all’osservazione da parte dei soggetti in questione della foto dell’amato/a erano connesse alla peculiare attività di alcune aree del cervello, particolarmente attive in queste persone. Tra queste regioni cerebrali vi è il nucleo caudato, parte del cervello umano più primitivo (quello che gli evoluzionisti chiamano “rettilinico”) e che è il responsabile dei movimenti del corpo e dei sistemi di ricompensa che si attivano davanti a sensazioni di piacere e che gestiscono impulsi verso eventuali gratificazioni. Un’altra regione del cervello che si è rivelata piuttosto attiva è l’area tegmentale ventrale (VTA), che stimola dipendenza, facente parte del sistema ricompensa e che è anche grande fabbricatrice degli ormoni dopamina e norepinefrina. La dopamina, quando è distribuita alle altre aree del cervello, induce una fortissima attenzione, una sensazione di gioia, d’energia e d’euforia, talvolta addirittura di frenesia e di una motivazione intensa per cui ci si focalizza su un fine dal quale ci si attende ricompensa. Nel momento in cui si è “invasi” dalla dopamina si è iperconcentrati, ipermotivati e dotati di forza e capacità di resistenza sull’obiettivo della persona amata. Questa fase è una combinazione tra il sentimento amoroso con una forte attività del sistema di ricompensa. Un’altra area del cervello che pare essere coinvolta in questo sentimento è quella del nucleus accumbens, che è anche il centro chiave della ricompensa in caso di dipendenza da droghe.
Un altro esperimento ha evidenziato come i soggetti innamorati siano più resistenti al dolore come se l’amore avesse un potere analgesico.
La terza fase è quella del legame ed avviene quando la relazione amorosa si rivela destinata a durare. In questa fase il sistema nervoso femminile produce l’ormone ossitocina, solitamente associato alla procreazione, al periodo di allattamento ed all’instaurarsi dei legami madre-figlio. Sembra inoltre che questo ormone sia presente tanto nell’uomo che nella donna durante l’orgasmo, anche se non esistono ancora prove certe. Stando alla teoria sembrerebbe dunque che maggiore è l’attività sessuale di una coppia maggiore dovrebbe essere il vincolo che si instaura, anche se non è sempre così. Un ultimo ormone che viene secreto in questa fase è quello della vasopressina, molecola che ha un’importante funzione nelle relazioni a lungo termine.
Quindi…
La comprensione dei motivi che conducono l’umanità a innamorarsi è utile anche quando il sentimento non è corrisposto e ci si trova in una condizione di “mal d’amore” che può originare depressione e stress.
Molti studi scientifici dimostrano che se si è innamorati si è più positivi e creativi. L’amore (grazie agli ormoni sopraccitati) altera favorevolmente i pensieri, promuove connessioni fra aree distanti non specializzate del cervello interferendo con il nostro pensiero più razionale ed incoraggia idee che coinvolgono prospettive a lungo termine.
Ora si sa che l’amore è questione di biochimica ma ovviamente gli studi scientifici sull’amore sono lontane dall’essere complete e sicuramente ci saranno in futuro ulteriori scoperte anche se forse un po’ di mistero rende questo sentimento ancora più affascinante ed intrigante.
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